Canto I

Antonio collegato -

Nel mezzo del cammin di nostra vita

Mi ritrovai per una selva oscura;

Che la dritta via era smarrita.

Eh, quanto a dir qual'era è cosa dura,

Questa selva selvaggia aspra e forte,

Che nel pensier rinnova la paura!

3Tanto è amara, che poco è più morte.

Ma per trattar del ben ch'io vi trovai,

dirò dell'altre cose ch'io v'ho scorte.

4 I' non so ben dir com'io v'entrai;

Tant'era pien di sonno in su quel punto

Che la verace via abbandonai.

5 Ma, poi ch'io fui al piè d'un colle giunto

Là dove terminava quella valle

Che m'avea di paura il cor compunto;

6 Guardai in alto; e vidi le sue spalle

Vestite già de' raggi del Pianeta

Che mena dritto altrui per ogni calle.

7 Allor fu la paura un poco queta,

Che nel lago del cor m'era durata

La notte ch'io passai con tanta pièta.

E come quei che, con lena affannata

Uscito fuor dal pelago alla riva,

Si volge all'acqua perigliosa, e guata;

9 Con l'animo mio, che ancor fuggiva;

Si volse indietro a rimirar lo passo

Che non lasciò giammai persona viva.

2

Jonathan Collegato

IN the midway of this our mortal life,

I found me in a gloomy wood, astray

Gone from the path direct: and e'en to tell

It were no easy task, how savage wild

That forest, how robust and rough its growth,

Which to remember only, my dismay

Renews, in bitterness not far from death.

Yet to discourse of what there good befell,

All else will I relate discover'd there.

How first I enter'd it I scarce can say,

Such sleepy dullness in that instant weigh'd

My senses down, when the true path I left,

But when a mountain's foot I reach'd, where clos'd

The valley, that had pierc'd my heart with dread,

I look'd aloft, and saw his shoulders broad

Already vested with that planet's beam,

Who leads all wanderers safe through every way.

Then was a little respite to the fear,

That in my heart's recesses deep had lain,

All of that night, so pitifully pass'd:

And as a man, with difficult short breath,

Forespent with toiling, 'scap'd from sea to shore,

Turns to the perilous wide waste, and stands

At gaze; e'en so my spirit, that yet fail'd

Struggling with terror, turn'd to view the straits,

That none hath pass'd and liv'd. My weary frame

Simonetta canto I

Ove udirai le disperate strida,

Vedrai gli antichi spiriti dolenti,

che la seconda morte ciascun grida.

E poi vedrai color che son contenti,

Nel foco, perchè speran di venire,

Quando che sia, alle beate genti.

3

Canto III

Roberta

Per me si va nella città dolente

Per me si va nell'eterno dolore,

Per me si va tra la perduta gente

Giustizia mosse il mio alto fattore,

Fecemi la Divina potestate

La somma Sapienza e il primo amore

Dinanzi a me non fur cose create,

Se non ete: ed io eterno duro.

Lasciate ogni speranza , voi ch'entrate.

Canto II

Antonio collegato

Ma io, perchè veniri? o chi 'l concede?

Io non Enea, io non Paolo sono;

Ma degno a ciò nè io nè altri crede.

Per che se del venire io m'abbandono,

temo che la venuta non sia folle.

Da questa tema acciò che tu ti solve,

dirotti perch'io venni, e quel che 'ntesi

Nel primo punto che di te mi dolve.

Roberta

Io era tra color che son sospesi;

E donna mi chiamò beata e bella,

tal che di comandar io la richiesa

Lucevan gli occhi suoi più che la stella;

E cominciommi a dir soave e piana

Con angelica voce in sua favella:

4

Livia- Beatrice

20 O anima cortese mantovana,

di cui la fama ancor nel mondo dura,

E durerà, quanto 'l moto, lontana;

21 L 'amico mio, e non della ventura,

Nella diserta spiaggia è impedito

Sì nel cammin, che volto è per paura;

22 E temo che non sia già sì smarrito

Ch'io mi sia tardi al soccorso levata,

Per quel ch'io ho di lui, nel cielo udito.

23 Or muovi, e con la tua parola ornata,

E con ciò ch'è mestieri al suo campare,

L'aiuta sì ch'io ne sia consolata.

24 Io son Beatrice, che ti faccio andare:

Vegno di loco ove tornar disìo.

Amor mi mosse, che mi fa parlare.

25 Quando sarò dinanzi al signor mio,

Di te mi loderò sovente a lui

(vedere se continuare pezzo pag. 20)

Carlo collegato

Noi sem venuti al luogo ov'io t'ho detto

Che tu vedrai le genti dolorose

Ch'hanno perduto il ben dello intelletto.-

E, poichè la sua mano alla mia pose

Con lieto volto, ond'io mi confortai,

Mi mise dentro alle segrete cose.

Quivi sospiri, pianti ed alti guai

Risonavan per l'aer senza stelle:

Perch'io, al cominciar, ne lagrimai.

Diverse lingue, orribili favelle,

Parole di dolore, accenti d'ira,

Voci alte e fioche, e suon di man con elle,

Facevano un tumulto, il qual s'aggira

Sempre in quell'aria senza tempo tinta,

Come la rena quando il turbo spira.

5

Roberta 16-pag.26

Questi non hanno speranza di morte;

e la lor cieca vita è tanto bassa,

Che invidiosi son d'ogni altra sorte.

Fama di loro esser non lassa;

Misericordia e giustizia li sdegna.

Non ti curar di lor, ma guarda e passa.

Ed io, che riguardai, vidi un'insegna

Che girando correva tanto ratta

Che d'ogni posa mi pareva indegna;

E dietro le venia sì lunga tratta

Di gente ch'io non avrei mai creduto

Che morte tanta n'avesse disfatta .

Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto,

guardai, e vidi l'ombra di colui

Che fece per viltate il gran rifiuto.

Inconcontanente intesi e certo fui

che questa era la etta dei cattivi

A Dio spiacenti ed a' nemici sui.

Questi sciaurati che mai non fur vivi,

e stimolati molto

Da mosconi e da vespe ch'eran ivi:

Elle rigavan lor di sangue il volto,

Che mischiato di lagrime , a' lor piedi

Di fastidiosi vermi era ricolto

Simonetta 41-pag 30

Figliuol mio, disse il Maestro cortese

Quelli che muoion nell'ira di Dio,

Tutti convegnon qui d'ogni paese.

E pronti sono a trapassar lo rio,

Che la divina giustizia li sprona

Sì che la tema si volge in disio.

6

Quinci non passa mai anima buona:

E però, se Caron, di te si lagna,

ben puoi saper ormai che il suo dir suona.

Finito questo, la buia campagna

Tremò sì forte, che dello spavento

La mente di sudore ancor mi bagna

La terra lagrimosa diede vento,

Che balenò una luce vermiglia,

La qual mi vinse ciascun sentimento.

E caddi come l'uom cui sonno piglia.

Canto IV

Jelle collegato

Broke the deep slumber in my brain a crash

Of heavy thunder, that I shook myself,

As one by main force rous'd. Risen upright,

My rested eyes I mov'd around, and search'd

With fixed ken to know what place it was,

Wherein I stood. For certain on the brink

I found me of the lamentable vale,

The dread abyss, that joins a thund'rous sound

Of plaints innumerable. Dark and deep,

And thick with clouds o'erspread, mine eye in vain

Explor'd its bottom, nor could aught discern.

7

Roberta

Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto,

guardai, e vidi l'ombra di colui

Che fece per viltate il gran rifiuto.

Inconcontanente intesi e certo fui

che questa era la etta dei cattivi

A Dio spiacenti ed a' nemici sui.

Questi sciaurati che mai non fur vivi,

e stimolati molto

Da mosconi e da vespe ch'eran ivi:

Elle rigavan lor di sangue il volto,

Che mischiato di lagrime , a' lor piedi

Di fastidiosi vermi era ricolto

Antonio collegato

-Or discendiam quaggiù nel cieco mondo;

Incominciò il poeta, tutto smorto,

Io sarò primo, e tu sarai secondo.-

Carlo collegato

6 Ed io che del color mi fui accorto,

Dissi:- Come verrò se tu paventi,

Che suoli al mio dubbiare esser conforto?-

Antonio collegato

7 Ed egli a me:- L'angoscia delle genti

Che son quaggiù, nel viso mi dipinge

Quella pietà che tu per tema senti.

Carlo collegato

8 Andiam; che la via lunga ne sospinge-

Così si mise; e così mi fe entrare

Nel primo cerchio che l'abisso cigne.

8

CANTO V

ROBERTA

Siede la terra dove nata fui 

su la marina dove 'l Po discende 

per aver pace co' seguaci sui. 

 Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende 

prese costui de la bella persona 

che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende. 

Amor, ch'a nullo amato amar perdona, 

mi prese del costui piacer sì forte, 

che, come vedi, ancor non m'abbandona. 

Amor condusse noi ad una morte: 

Caina attende chi a vita ci spense>>. 

Queste parole da lor ci fuor porte. 

 Quand'io intesi quell'anime offense, 

china' il viso e tanto il tenni basso, 

fin che 'l poeta mi disse: <<Che pense?>>. 

Quando rispuosi, cominciai: <<Oh lasso, 

quanti dolci pensier, quanto disio 

menò costoro al doloroso passo!>>. 

 

Poi mi rivolsi a loro e parla' io, 

e cominciai: <<Francesca, i tuoi martìri 

a lagrimar mi fanno tristo e pio. 

Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri, 

a che e come concedette Amore 

che conosceste i dubbiosi disiri?>>.

Ed ella a me:-nessun maggior dolore

Che ricordarsi del tempo felice

Nella miseria.E ciò sia il tuo dottore.

Noi leggevamo un giorno per diletto

Di Lancillotto, come amor lo strinse:

Soli eravamo, senza alcun sospetto.

45Quando leggemmo il disiato riso

Esser baciato da cotanto amante,

9

Questi, che mai da me non fia diviso,

La bocca mi baciò, tutto tremante.

Galeotto fu il libro e chi lo scrisse.

Quel giorno più non vi leggemmo avante.-

Simonetta

47 Mentre che l'uno spirto questo disse,

L'altro piangeva; sì che di pietade

Io venni men, così com'io morisse:

E caddi come corpo morto cade

Canto VI cerchio III i golosi

Antonio collegato

 Al tornar de la mente, che si chiuse 

dinanzi a la pietà d'i due cognati, 

che di trestizia tutto mi confuse, 

 novi tormenti e novi tormentati 

mi veggio intorno, come ch'io mi mova 

e ch'io mi volga, e come che io guati. 

Io sono al terzo cerchio, de la piova 

etterna, maladetta, fredda e greve; 

regola e qualità mai non l'è nova. 

Grandine grossa, acqua tinta e neve 

per l'aere tenebroso si riversa; 

pute la terra che questo riceve. 

Cerbero, fiera crudele e diversa, 

con tre gole caninamente latra 

sovra la gente che quivi è sommersa. 

Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra, 

e 'l ventre largo, e unghiate le mani; 

graffia li spirti, ed iscoia ed isquatra. 

Urlar li fa la pioggia come cani; 

de l'un de' lati fanno a l'altro schermo; 

volgonsi spesso i miseri profani. 

10

Livia Attrice

   Noi passavam su per l'ombre che adona 

la greve pioggia, e ponavam le piante 

sovra lor vanità che par persona. 

      Elle giacean per terra tutte quante, 

fuor d'una ch'a seder si levò, ratto 

ch'ella ci vide passarsi davante. 

      <<O tu che se' per questo 'nferno tratto>>, 

mi disse, <<riconoscimi, se sai: 

tu fosti, prima ch'io disfatto, fatto>>. 

      

E io a lui: <<L'angoscia che tu hai 

forse ti tira fuor de la mia mente, 

sì che non par ch'i' ti vedessi mai. 

      Ma dimmi chi tu se' che 'n sì dolente 

loco se' messo e hai sì fatta pena, 

che, s'altra è maggio, nulla è sì spiacente>>. 

      Ed elli a me: <<La tua città, ch'è piena 

d'invidia sì che già trabocca il sacco, 

seco mi tenne in la vita serena. 

      Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: 

per la dannosa colpa de la gola, 

come tu vedi, a la pioggia mi fiacco. 

      E io anima trista non son sola, 

ché tutte queste a simil pena stanno 

per simil colpa>>. E più non fé parola.

11

Canto VI pag 61 da 29 a 34

      E quelli: <<Ei son tra l'anime più nere: 

diverse colpe giù li grava al fondo: 

se tanto scendi, là i potrai vedere. 

      Ma quando tu sarai nel dolce mondo, 

priegoti ch'a la mente altrui mi rechi: 

più non ti dico e più non ti rispondo>>. 

      Li diritti occhi torse allora in biechi; 

guardommi un poco, e poi chinò la testa: 

cadde con essa a par de li altri ciechi. 

      E 'l duca disse a me: <<Più non si desta 

di qua dal suon de l'angelica tromba, 

quando verrà la nimica podesta: 

      ciascun rivederà la trista tomba, 

ripiglierà sua carne e sua figura, 

udirà quel ch'in etterno rimbomba>>. 

      Sì trapassammo per sozza mistura 

de l'ombre e de la pioggia, a passi lenti, 

toccando un poco la vita futura; 

      

Roberta

Dal canto VII (IV cerchio avari e prodighi)

L'acqua era buia assai più che persa; 

e noi, in compagnia de l'onde bige, 

intrammo giù per una via diversa. 

In la palude va c'ha nome Stige 

questo tristo ruscel, quand'è disceso 

al piè de le maligne piagge grige. 

 E io, che di mirare stava inteso, 

vidi genti fangose in quel pantano, 

ignude tutte, con sembiante offeso. 

Queste si percotean non pur con mano, 

ma con la testa e col petto e coi piedi, 

troncandosi co' denti a brano a brano. 

12

Simonetta

Lo buon maestro disse: <<Figlio, or vedi 

l'anime di color cui vinse l'ira; 

e anche vo' che tu per certo credi 

che sotto l'acqua è gente che sospira, 

e fanno pullular quest'acqua al summo, 

come l'occhio ti dice, u' che s'aggira. 

Fitti nel limo, dicon:

Livia

"Tristi fummo 

ne l'aere dolce che dal sol s'allegra, 

portando dentro accidioso fummo: 

or ci attristiam ne la belletta negra". 

Quest'inno si gorgoglian ne la strozza, 

ché dir nol posson con parola integra>>. 

Simonetta

  Ed egli a me: <<Tutti quanti fuor guerci 

sì de la mente in la vita primaia, 

che con misura nullo spendio ferci. 

      

Assai la voce lor chiaro l'abbaia 

quando vegnono a' due punti del cerchio 

dove colpa contraria li dispaia. 

      Questi fuor cherci, che non han coperchio 

piloso al capo, e papi e cardinali, 

in cui usa avarizia il suo soperchio>>.

 

      E io: <<Maestro, tra questi cotali 

dovre' io ben riconoscere alcuni 

che furo immondi di cotesti mali>>. 

13

Livia

      Ed elli a me: <<Vano pensiero aduni: 

la sconoscente vita che i fé sozzi 

ad ogne conoscenza or li fa bruni. 

Simonetta

      In etterno verranno a li due cozzi: 

questi resurgeranno del sepulcro 

col pugno chiuso, e questi coi crin mozzi. 

Canto x

Roberta

Ora sen va per un secreto calle, 

tra 'l muro de la terra e li martìri, 

lo mio maestro, e io dopo le spalle. 

<<O virtù somma, che per li empi giri 

mi volvi>>, cominciai, <<com'a te piace, 

parlami, e sodisfammi a' miei disiri. 

La gente che per li sepolcri giace 

potrebbesi veder? già son levati

tutt'i coperchi, e nessun guardia face>>.

Jonathan Collegato

NOW by a secret pathway we proceed,

Between the walls, that hem the region round,

And the tormented souls: my master first,

I close behind his steps. "Virtue supreme!"

I thus began; "who through these ample orbs

In circuit lead'st me, even as thou will'st,

Speak thou, and satisfy my wish. May those,

Who lie within these sepulchres, be seen?

14

Already all the lids are rais'd, and none

O'er them keeps watch." He thus in answer spake

"They shall be closed all, what-time they here

From Josaphat return'd shall come, and bring

Who lie within these sepulchres, be seen?

Already all the lids are rais'd, and none

O'er them keeps watch." He thus in answer spake

"They shall be closed all, what-time they here

From Josaphat return'd shall come, and bring

Their bodies, which above they now have left.

The cemetery on this part obtain

With Epicurus all his followers,

Who with the body make the spirit die.

Here therefore satisfaction shall be soon

Both to the question ask'd, and to the wish,

Which thou conceal'st in silence."

Livia

  <<O Tosco che per la città del foco 

vivo ten vai così parlando onesto, 

piacciati di restare in questo loco. 

      La tua loquela ti fa manifesto 

di quella nobil patria natio 

a la qual forse fui troppo molesto>>. 

Roberta

Elli si mosse; e poi, così andando, 

mi disse: <<Perché se' tu sì smarrito?>>. 

E io li sodisfeci al suo dimando. 

<<La mente tua conservi quel ch'udito 

hai contra te>>, mi comandò quel saggio. 

<<E ora attendi qui>>, e drizzò 'l dito: 

<<quando sarai dinanzi al dolce raggio 

di quella il cui bell'occhio tutto vede, 

da lei saprai di tua vita il viaggio>>

15

CANTO XIII

Michael Collegato

We enter'd on a forest, where no track

Of steps had worn a way. Not verdant there

The foliage, but of dusky hue; not light

The boughs and tapering, but with knares deform'd

And matted thick: fruits there were none, but thorns

Instead, with venom fill'd. Less sharp than these,

Less intricate the brakes, wherein abide

Those animals, that hate the cultur'd fields,

Betwixt Corneto and Cecina's stream.

Here the brute Harpies make their nest, the same

Who from the Strophades the Trojan band

Drove with dire boding of their future woe.

Broad are their pennons, of the human form

Their neck and count'nance, arm'd with talons keen

The feet, and the huge belly fledge with wings

These sit and wail on the drear mystic wood.

Attrice 

      Ali hanno late, e colli e visi umani, 

piè con artigli, e pennuto 'l gran ventre; 

fanno lamenti in su li alberi strani. 

      E 'l buon maestro <<Prima che più entre, 

sappi che se' nel secondo girone>>, 

mi cominciò a dire, <<e sarai mentre 

      che tu verrai ne l'orribil sabbione. 

Per* riguarda ben; sì vederai 

cose che torrien fede al mio sermone>>. 

      Io sentia d'ogne parte trarre guai, 

e non vedea persona che 'l facesse; 

per ch'io tutto smarrito m'arrestai. 

      Cred'io ch'ei credette ch'io credesse 

che tante voci uscisser, tra quei bronchi 

da gente che per noi si nascondesse.

16

Livia 

      Però disse 'l maestro: <<Se tu tronchi 

qualche fraschetta d'una d'este piante, 

li pensier c'hai si faran tutti monchi>>.

Simonetta

       Allor porsi la mano un poco avante, 

e colsi un ramicel da un gran pruno; 

e 'l tronco suo gridò: <<Perché mi schiante?>>. 

      Da che fatto fu poi di sangue bruno, 

ricominciò a dir:

Livia

<<Perché mi scerpi? 

non hai tu spirto di pietade alcuno? 

      Uomini fummo, e or siam fatti sterpi: 

ben dovrebb'esser la tua man più pia, 

se state fossimo anime di serpi>>.

Simonetta 

      Come d'un stizzo verde ch'arso sia 

da l'un de'capi, che da l'altro geme 

e cigola per vento che va via, 

      sì de la scheggia rotta usciva insieme 

parole e sangue; ond'io lasciai la cima 

cadere, e stetti come l'uom che teme. 

Canto XIV

Roberta

     Poi che la carità del natio loco 

mi strinse, raunai le fronde sparte, 

e rende'le a colui, ch'era già fioco. 

      Indi venimmo al fine ove si parte 

lo secondo giron dal terzo, e dove 

si vede di giustizia orribil arte.  

      A ben manifestar le cose nove, 

dico che arrivammo ad una landa 

che dal suo letto ogne pianta rimove. 

     17

Simonetta

 La dolorosa selva l'è ghirlanda 

intorno, come 'l fosso tristo ad essa: 

quivi fermammo i passi a randa a randa. 

      Lo spazzo era una rena arida e spessa, 

non d'altra foggia fatta che colei 

che fu da' piè di Caton già soppressa. 

      O vendetta di Dio, quanto tu dei 

esser temuta da ciascun che legge 

ciò che fu manifesto a li occhi miei! 

      D'anime nude vidi molte gregge 

che piangean tutte assai miseramente, 

E parea posta lor diversa legge.

      Supin giacea in terra alcuna gente, 

alcuna si sedea tutta raccolta, 

e altra andava continuamente.  

      

Quella che giva intorno era più molta, 

e quella men che giacea al tormento, 

ma più al duolo avea la lingua sciolta. 

      Sovra tutto 'l sabbion, d'un cader lento, 

piovean di foco dilatate falde, 

come di neve in alpe sanza vento. 

      Quali Alessandro in quelle parti calde 

d'India vide sopra 'l suo stuolo 

fiamme cadere infino a terra salde, 

      per ch'ei provide a scalpitar lo suolo 

con le sue schiere, acciò che lo vapore 

mei si stingueva mentre ch'era solo: 

      tale scendeva l'etternale ardore; 

onde la rena s'accendea, com'esca 

sotto focile, a doppiar lo dolore.

18

Antonio collegato 

      <<In mezzo mar siede un paese guasto>>, 

diss'elli allora, <<che s'appella Creta, 

sotto 'l cui rege fu già 'l mondo casto. 

      Una montagna v'è che già fu lieta 

d'acqua e di fronde, che si chiamò Ida: 

or è diserta come cosa vieta. 

      Rea la scelse già per cuna fida 

del suo figliuolo, e per celarlo meglio, 

quando piangea, vi facea far le grida. 

      Dentro dal monte sta dritto un gran veglio, 

che tien volte le spalle inver' Dammiata 

e Roma guarda come suo speglio. 

      La sua testa è di fin oro formata, 

e puro argento son le braccia e 'l petto, 

poi è di rame infino a la forcata; 

      da indi in giuso è tutto ferro eletto, 

salvo che 'l destro piede è terra cotta; 

e sta 'n su quel più che 'n su l'altro, eretto. 

      Ciascuna parte, fuor che l'oro, è rotta 

d'una fessura che lagrime goccia, 

le quali, accolte, foran quella grotta. 

(inserire musica)

Carlo

      Lor corso in questa valle si diroccia: 

fanno Acheronte, Stige e Flegetonta; 

poi sen van giù per questa stretta doccia 

      infin, là ove più non si dismonta 

fanno Cocito; e qual sia quello stagno 

tu lo vedrai, però qui non si conta>>. 

      E io a lui: <<Se 'l presente rigagno 

si diriva così dal nostro mondo, 

perché ci appar pur a questo vivagno?>>. 

      19

Ed elli a me: <<Tu sai che 'l loco è tondo; 

e tutto che tu sie venuto molto, 

pur a sinistra, giù calando al fondo, 

      non se' ancor per tutto il cerchio vòlto: 

per che, se cosa n'apparisce nova, 

non de' addur maraviglia al tuo volto>>. 

      E io ancor: <<Maestro, ove si trova 

Flegetonta e Letè? ché de l'un taci, 

e l'altro di' che si fa d'esta piova>>.

Simonetta 

      <<In tutte tue question certo mi piaci>>, 

rispuose; <<ma 'l bollor de l'acqua rossa 

dovea ben solver l'una che tu faci. 

      Letè vedrai, ma fuor di questa fossa, 

là dove vanno l'anime a lavarsi 

quando la colpa pentuta è rimossa>>. 

      Poi disse: <<Omai è tempo da scostarsi 

dal bosco; fa che di retro a me vegne: 

li margini fan via, che non son arsi, 

      e sopra loro ogne vapor si spegne>>.  

Canto XVIII

Jelle collegato

THERE is a place within the depths of hell

Call'd Malebolge, all of rock dark-stain'd

With hue ferruginous, e'en as the steep

That round it circling winds. Right in the midst

Of that abominable region, yawns

A spacious gulf profound, whereof the frame

Due time shall tell. The circle, that remains,

(Throughout its round, between the gulf and base

Of the high craggy banks, successive forms

Ten trenches, in its hollow bottom sunk.

20

(1 Luogo è in inferno, detto Malebolge,

Tutto di pietra, e di color ferrigno,

come la cerchia che d'intorno il volge.

2 Nel dritto mezzo del campo maligno

Vaneggia un pozzo assai largo e profondo,

Di cui suo loco conterò l'ordigno.)

Roberta

8 Alla man destra vidi nuova pieta,

Nuovi tormenti, e nuovi frustatori,

di che la prima bolgia era repleta.

9 Nel fondo eran gli ignudi e i peccatori:

Dal mezzo in qua ci venian verso il volto;

Di là con noi, ma con passi maggiori:

10 Come i Roman, per l'esercito molto,

L'anno del Giubbileo, su per lo ponte

Hanno, a passar la gente, modo tolto;

11 Che dall'un lato tutti hanno la fronte

Verso il castello, e vanno a Santo Pietro,

Dall'altra sponda vanno verso 'l monte.

  

Livia

E 'l buon maestro, sanza mia dimanda, 

mi disse: <<Guarda quel grande che vene, 

e per dolor non par lagrime spanda: 

      quanto aspetto reale ancor ritene! 

Quelli è Iasón, che per cuore e per senno 

li Colchi del monton privati féne. 

      Ello passò per l'isola di Lenno, 

poi che l'ardite femmine spietate 

tutti li maschi loro a morte dienno. 

      Ivi con segni e con parole ornate 

Isifile ingannò, la giovinetta 

che prima avea tutte l'altre ingannate. 

      Lasciolla quivi, gravida, soletta; 

tal colpa a tal martiro lui condanna; 

e anche di Medea si fa vendetta. 

      Con lui sen va chi da tal parte inganna: 

e questo basti de la prima valle 

sapere e di color che 'n sé assanna>>.

21

Canto XIX

Antonio

 1 O Simon mago, o miseri seguaci 

che le cose di Dio, che di bontate 

deon essere spose, e voi rapaci 

      2 per oro e per argento avolterate, 

or convien che per voi suoni la tromba, 

però che ne la terza bolgia state. 

      3 Già eravamo, a la seguente tomba, 

montati de lo scoglio in quella parte 

ch'a punto sovra mezzo 'l fosso piomba. 

      4 O somma sapienza, quanta è l'arte 

che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo, 

e quanto giusto tua virtù comparte! 

      5 Io vidi per le coste e per lo fondo 

piena la pietra livida di fóri, 

d'un largo tutti e ciascun era tondo. 

      6 Non mi parean men ampi né maggiori 

che que' che son nel mio bel San Giovanni, 

fatti per loco d'i battezzatori; 

      7 l'un de li quali, ancor non è molt'anni, 

rupp'io per un che dentro v'annegava: 

e questo sia suggel ch'ogn'omo sganni. 

   10   Fuor de la bocca a ciascun soperchiava 

d'un peccator li piedi e de le gambe 

infino al grosso, e l'altro dentro stava. 

    11  Le piante erano a tutti accese intrambe; 

per che sì forte guizzavan le giunte, 

che spezzate averien ritorte e strambe. 

  12    Qual suole il fiammeggiar de le cose unte 

muoversi pur su per la strema buccia, 

tal era lì dai calcagni a le punte. 

22

Canto XX

Roberta

   Drizza la testa, drizza, e vedi a cui 

s'aperse a li occhi d'i Teban la terra; 

per ch'ei gridavan tutti: "Dove rui, 

      Anfiarao? perché lasci la guerra?". 

E non restò di ruinare a valle 

fino a Minòs che ciascheduno afferra. 

      Mira c'ha fatto petto de le spalle: 

perché volle veder troppo davante, 

di retro guarda e fa retroso calle. 

      Vedi Tiresia, che mutò sembiante 

quando di maschio femmina divenne 

cangiandosi le membra tutte quante; 

e prima, poi, ribatter li convenne 

li duo serpenti avvolti, con la verga, 

che riavesse le maschili penne. 

JELLE

AND now the verse proceeds to torments new,

Fit argument of this the twentieth strain

Of the first song, whose awful theme records

The spirits whelm'd in woe. Earnest I look'd

Into the depth, that open'd to my view,

Moisten'd with tears of anguish, and beheld

A tribe, that came along the hollow vale,

In silence weeping: such their step as walk

Quires chanting solemn litanies on earth.

23

CANTO XXI Forse toglierlo

Simonetta

   1Così di ponte in ponte, altro parlando 

che la mia comedìa cantar non cura, 

venimmo; e tenavamo il colmo, quando 

      restammo per veder l'altra fessura 

di Malebolge e li altri pianti vani; 

e vidila mirabilmente oscura.

canto XXIII

Roberta

    Taciti, soli, sanza compagnia 

n'andavam l'un dinanzi e l'altro dopo, 

come frati minor vanno per via. 

      Vòlt'era in su la favola d'Isopo 

lo mio pensier per la presente rissa, 

dov'el parlò de la rana e del topo; 

      ché più non si pareggia 'mo' e 'issa' 

che l'un con l'altro fa, se ben s'accoppia 

principio e fine con la mente fissa. 

      E come l'un pensier de l'altro scoppia, 

così nacque di quello un altro poi, 

che la prima paura mi fé doppia. 

Michael collegato

If anger then

Be to their evil will conjoin'd, more fell

They shall pursue us, than the savage hound

Snatches the leveret, panting 'twixt his jaws."

Already I perceiv'd my hair stand all

On end with terror, and look'd eager back.

"Teacher," I thus began, "if speedily

Thyself and me thou hide not, much I dread

Those evil talons. Even now behind

They urge us: quick imagination works

So forcibly, that I already feel them.''

24

He answer'd: "Were I form'd of leaded glass,

I should not sooner draw unto myself

Thy outward image, than I now imprint

That from within. This moment came thy thoughts

Presented before mine, with similar act

And count'nance similar, so that from both

I one design have fram'd. If the right coast

Incline so much, that we may thence descend

Into the other chasm, we shall escape

Secure from this imagined pursuit."

He had not spoke his purpose to the end,

When I from far beheld them with spread wings

Approach to take us. Suddenly my guide

Caught me, ev'n as a mother that from sleep

Is by the noise arous'd, and near her sees

The climbing fires, who snatches up her babe

And flies ne'er pausing, careful more of him

Than of herself, that but a single vest

Clings round her limbs. Down from the jutting beach

Supine he cast him, to that pendent rock,

Which closes on one part the other chasm.

In italian:       ( Io pensava così: 'Questi per noi 

sono scherniti con danno e con beffa 

sì fatta, ch'assai credo che lor n*i. 

      Se l'ira sovra 'l mal voler s'aggueffa, 

ei ne verranno dietro più crudeli 

che 'l cane a quella lievre ch'elli acceffa'. 

      Già mi sentia tutti arricciar li peli 

de la paura e stava in dietro intento, 

quand'io dissi: <<Maestro, se non celi 

      te e me tostamente, i' ho pavento 

d'i Malebranche. Noi li avem già dietro; 

io li 'magino sì, che già li sento>>. 

      E quei: <<S'i' fossi di piombato vetro, 

l'imagine di fuor tua non trarrei 

più tosto a me, che quella dentro 'mpetro. 

      Pur mo venieno i tuo' pensier tra ' miei, 

con simile atto e con simile faccia, 

sì che d'intrambi un sol consiglio fei. 

      S'elli è che sì la destra costa giaccia, 

che noi possiam ne l'altra bolgia scendere, 

noi fuggirem l'imaginata caccia>>. 

      26

Già non compié di tal consiglio rendere, 

ch'io li vidi venir con l'ali tese 

non molto lungi, per volerne prendere. 

      Lo duca mio di sùbito mi prese, 

come la madre ch'al romore è desta 

e vede presso a sé le fiamme accese, 

      che prende il figlio e fugge e non s'arresta, 

avendo più di lui che di sé cura, 

tanto che solo una camiscia vesta; 

      e giù dal collo de la ripa dura 

supin si diede a la pendente roccia, 

che l'un de' lati a l'altra bolgia tura. )

Canto XXIV

Simonetta

 Ed ecco a un ch'era da nostra proda, 

s'avventò un serpente che 'l trafisse 

là dove 'l collo a le spalle s'annoda. 

      Né O sì tosto mai né I si scrisse, 

com'el s'accese e arse, e cener tutto 

convenne che cascando divenisse; 

      e poi che fu a terra sì distrutto, 

la polver si raccolse per sé stessa, 

e 'n quel medesmo ritornò di butto. 

      Così per li gran savi si confessa 

che la fenice more e poi rinasce, 

quando al cinquecentesimo anno appressa; 

      erba né biado in sua vita non pasce, 

ma sol d'incenso lagrime e d'amomo, 

e nardo e mirra son l'ultime fasce. 

      <<Omai convien che tu così ti spoltre>>, 

disse 'l maestro; <<ché, seggendo in piuma, 

in fama non si vien, né sotto coltre; 

      sanza la qual chi sua vita consuma, 

cotal vestigio in terra di sé lascia, 

qual fummo in aere e in acqua la schiuma. 

27

CANTO XXVI

Antonio collegato

      Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande, 

che per mare e per terra batti l'ali, 

e per lo 'nferno tuo nome si spande! 

      Tra li ladron trovai cinque cotali 

tuoi cittadini onde mi ven vergogna, 

e tu in grande orranza non ne sali. 

      Ma se presso al mattin del ver si sogna, 

tu sentirai di qua da picciol tempo 

di quel che Prato, non ch'altri, t'agogna. 

      E se già fosse, non saria per tempo. 

Così foss'ei, da che pur esser dee! 

ché più mi graverà, com'più m'attempo. 

      Noi ci partimmo, e su per le scalee 

che n'avea fatto iborni a scender pria, 

rimontò 'l duca mio e trasse mee; 

      e proseguendo la solinga via, 

tra le schegge e tra ' rocchi de lo scoglio 

lo piè sanza la man non si spedia. 

      Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio 

quando drizzo la mente a ciò ch'io vidi, 

e più lo 'ngegno affreno ch'i' non soglio, 

      perché non corra che virtù nol guidi; 

sì che, se stella bona o miglior cosa 

m'ha dato 'l ben, ch'io stessi nol m'invidi.

 28

Livia

      <<O voi che siete due dentro ad un foco, 

s'io meritai di voi mentre ch'io vissi, 

s'io meritai di voi assai o poco 

      quando nel mondo li alti versi scrissi, 

non vi movete; ma l'un di voi dica 

dove, per lui, perduto a morir gissi>>. 

      Lo maggior corno de la fiamma antica 

cominciò a crollarsi mormorando 

pur come quella cui vento affatica; 

      indi la cima qua e là menando, 

come fosse la lingua che parlasse, 

gittò voce di fuori, e disse: 

Roberta

<<Quando 

      mi diparti' da Circe, che sottrasse 

me più d'un anno là presso a Gaeta, 

prima che sì Enea la nomasse, 

      né dolcezza di figlio, né la pieta 

del vecchio padre, né 'l debito amore 

lo qual dovea Penelopé far lieta, 

      vincer potero dentro a me l'ardore 

ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto, 

e de li vizi umani e del valore; 

      ma misi me per l'alto mare aperto 

sol con un legno e con quella compagna 

picciola da la qual non fui diserto. 

      L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna, 

fin nel Morrocco, e l'isola d'i Sardi, 

e l'altre che quel mare intorno bagna. 

      Io e ' compagni eravam vecchi e tardi 

quando venimmo a quella foce stretta 

dov'Ercule segnò li suoi riguardi, 

      acciò che l'uom più oltre non si metta: 

da la man destra mi lasciai Sibilia, 

da l'altra già m'avea lasciata Setta. 

     29

 "O frati", dissi "che per cento milia 

perigli siete giunti a l'occidente, 

a questa tanto picciola vigilia 

      d'i nostri sensi ch'è del rimanente, 

non vogliate negar l'esperienza, 

di retro al sol, del mondo sanza gente. 

      Considerate la vostra semenza: 

fatti non foste a viver come bruti, 

ma per seguir virtute e canoscenza". 

      Li miei compagni fec'io sì aguti, 

con questa orazion picciola, al cammino, 

che a pena poscia li avrei ritenuti; 

      e volta nostra poppa nel mattino, 

de' remi facemmo ali al folle volo, 

sempre acquistando dal lato mancino. 

      Tutte le stelle già de l'altro polo 

vedea la notte e 'l nostro tanto basso, 

che non surgea fuor del marin suolo. 

Cinque volte racceso e tante casso 

lo lume era di sotto da la luna, 

poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo, 

      quando n'apparve una montagna, bruna 

per la distanza, e parvemi alta tanto 

quanto veduta non avea alcuna. 

      Noi ci allegrammo, e tosto torn* in pianto, 

ché de la nova terra un turbo nacque, 

e percosse del legno il primo canto. 

      Tre volte il fé girar con tutte l'acque; 

a la quarta levar la poppa in suso 

e la prora ire in giù, com'altrui piacque, 

      infin che 'l mar fu sovra noi richiuso>>.  

Canto XXVIII

Simonetta

      Chi poria mai pur con parole sciolte 

dicer del sangue e de le piaghe a pieno 

ch'i' ora vidi, per narrar più volte? 

      Ogne lingua per certo verria meno 

per lo nostro sermone e per la mente 

c'hanno a tanto comprender poco seno. 

30

Jelle collegato

Of a fell tyrant. 'Twixt the Cyprian isle

And Balearic, ne'er hath Neptune seen

An injury so foul, by pirates done

Or Argive crew of old. That one-ey'd traitor

(Whose realm there is a spirit here were fain

His eye had still lack'd sight of) them shall bring

To conf'rence with him, then so shape his end,

That they shall need not 'gainst Focara's wind

Offer up vow nor pray'r." I answering thus:

"Declare, as thou dost wish that I above

May carry tidings of thee, who is he,

In whom that sight doth wake such sad remembrance?"

Forthwith he laid his hand on the cheek-bone

Of one, his fellow-spirit, and his jaws

Expanding, cried: "Lo! this is he I wot of;

He speaks not for himself: the outcast this

Who overwhelm'd the doubt in Caesar's mind,

Affirming that delay to men prepar'd

Was ever harmful. "Oh how terrified

Methought was Curio, from whose throat was cut

The tongue, which spake that hardy word. Then one

Maim'd of each hand, uplifted in the gloom

The bleeding stumps, that they with gory spots

Sullied his face, and cried: "'Remember thee

Of Mosca, too, I who, alas! exclaim'd,

'The deed once done there is an end,' that prov'd

A seed of sorrow to the Tuscan race."

 

  In italian:    (Tra l'isola di Cipri e di Maiolica 

non vide mai sì gran fallo Nettuno, 

non da pirate, non da gente argolica. 

      Quel traditor che vede pur con l'uno, 

e tien la terra che tale qui meco 

vorrebbe di vedere esser digiuno, 

      farà venirli a parlamento seco; 

poi farà sì, ch'al vento di Focara 

non sarà lor mestier voto né preco>>. 

      E io a lui: <<Dimostrami e dichiara, 

se vuo' ch'i' porti sù di te novella, 

chi è colui da la veduta amara>>. 

      Allor puose la mano a la mascella 

31

d'un suo compagno e la bocca li aperse, 

gridando: <<Questi è desso, e non favella. 

      Questi, scacciato, il dubitar sommerse 

in Cesare, affermando che 'l fornito 

sempre con danno l'attender sofferse>>. 

      Oh quanto mi pareva sbigottito 

con la lingua tagliata ne la strozza 

Curio, ch'a dir fu così ardito! 

      E un ch'avea l'una e l'altra man mozza, 

levando i moncherin per l'aura fosca, 

sì che 'l sangue facea la faccia sozza, 

      gridò: <<Ricordera'ti anche del Mosca, 

che disse, lasso!, "Capo ha cosa fatta", 

che fu mal seme per la gente tosca>>.) 

Canto XXIX

Livia

1 La molta gente e le diverse piaghe

Avean le luci mie sì inebriate,

Che dello stare a pianger eran vaghe.

Simonetta

2 Ma Virgilio mi disse:Che pur guate?

Perchè la vista tua pur si soffolge

Laggiù, tra l'ombre triste, smozzicate?

3Tu non hai fatto sì all'altre bolge.

Pensa, se tu annoverar lo credi,

che miglia ventidue la valle volge.

4E già la luna è sotto i nostri piedi,

Lo tempo è poco omai, che n'è concesso,

E l'altro è da veder, che tu non vedi.-

Carlo collegato

5 - Se tu avessi (rispuos'io appresso)

Atteso alla cagion perch'io guardava,

Forse m'avresti ancor lo star dimesso.-

6 Parte sen gìa,- ed io retro gli andava,-

Lo duca, già facendo la risposta

E soggiungendo:-Dentro a quella cava

32

7 Dov'io teneva gli occhi sì a posta,

Credo che un spirto del mio sangue pianga

La colpa che laggiù cotanto costa.-

14 Quando noi fummo in su l'ultima chiostra

Di Malebolge, sì che i suoi conversi

Potean parere alla veduta nostra;

15 Lamenti saettaron a me diversi,

Che di pietà ferrati avean gli strali;

Ond'io gli orecchi con le man copersi.

16 Qual dolor fora se degli spedali

Di Valdichiana tra il luglio e 'l settembre,

E di Maremma e di Sardegna i mali,

17 Fossero in una fossa tutti insembre;

Tal era quivi: e tal puzzo ne usciva

Qual suol venir delle marcite membre.

35-Se la vostra memoria non s'imboli

Nel primo mondo dell'umane menti,

Ma s'ella viva sotto molti soli;

36 Ditemi chi voi siete, e di che genti:

La vostra sconcia e fastidiosa pena

Di palesarvi a me non vi spaventi.-

DAL CANTO XXX

Roberta

 Nel tempo che Iunone era crucciata 

per Semelè contra 'l sangue tebano, 

come mostrò una e altra fiata, 

33

Atamante divenne tanto insano, 

che veggendo la moglie con due figli 

andar carcata da ciascuna mano, 

gridò: <<Tendiam le reti, sì ch'io pigli 

la leonessa e ' leoncini al varco>>; 

e poi distese i dispietati artigli, 

 prendendo l'un ch'avea nome Learco, 

e rotollo e percosselo ad un sasso; 

e quella s'annegò con l'altro carco. 

Jonathan collegato

WHAT time resentment burn'd in Juno's breast

For Semele against the Theban blood,

As more than once in dire mischance was rued,

Such fatal frenzy seiz'd on Athamas,

That he his spouse beholding with a babe

Laden on either arm, "Spread out," he cried,

"The meshes, that I take the lioness

And the young lions at the pass: "then forth

Stretch'd he his merciless talons, grasping one,

One helpless innocent, Learchus nam'd,

Whom swinging down he dash'd upon a rock,

And with her other burden self-destroy'd

Whom swinging down he dash'd upon a rock,

And with her other burden self-destroy'd

The hapless mother plung'd: and when the pride

Of all-presuming Troy fell from its height,

By fortune overwhelm'd, and the old king

With his realm perish'd, then did Hecuba,

A wretch forlorn and captive, when she saw

Polyxena first slaughter'd, and her son,

Her Polydorus, on the wild sea-beach

Next met the mourner's view, then reft of sense

Did she run barking even as a dog;

Such mighty power had grief to wrench her soul.

Bet ne'er the Furies or of Thebes or Troy

With such fell cruelty were seen, their goads

Infixing in the limbs of man or beast,

As now two pale and naked ghost I saw

That gnarling wildly scamper'd, like the swine

Excluded from his stye.

34

      (Nel tempo che Iunone era crucciata 

per Semelè contra 'l sangue tebano, 

come mostrò una e altra fiata, 

      Atamante divenne tanto insano, 

che veggendo la moglie con due figli 

andar carcata da ciascuna mano, 

      gridò: <<Tendiam le reti, sì ch'io pigli 

la leonessa e ' leoncini al varco>>; 

e poi distese i dispietati artigli, 

      prendendo l'un ch'avea nome Learco, 

e rotollo e percosselo ad un sasso; 

e quella s'annegò con l'altro carco. 

      E quando la fortuna volse in basso 

l'altezza de' Troian che tutto ardiva, 

sì che 'nsieme col regno il re fu casso, 

      Ecuba trista, misera e cattiva, 

poscia che vide Polissena morta, 

e del suo Polidoro in su la riva 

      del mar si fu la dolorosa accorta, 

forsennata latrò sì come cane; 

tanto il dolor le fé la mente torta. 

      Ma né di Tebe furie né troiane 

si vider mai in alcun tanto crude, 

non punger bestie, nonché membra umane, 

      quant'io vidi in due ombre smorte e nude, 

che mordendo correvan di quel modo 

che 'l porco quando del porcil si schiude.)

Livia

- O voi che senza alcuna pena siete,

E non so io perchè, nel mondo gramo

(Diss'elli a noi), guardate e attendete

Alla miseria del maestro Adamo.

Io ebbi, vivo, assai di quel ch'io volli;

E ora , lasso un gocciol d'acqua bramo.

La misera giustizia che mi fruga,

tragge cagion del luogo ov'io peccai,

a metter più li miei sospiri in fuga.

35

canto xxx

Jelle collegato

THE very tongue, whose keen reproof before

Had wounded me, that either cheek was stain'd,

Now minister'd my cure. So have I heard,

Achilles and his father's javelin caus'd

Pain first, and then the boon of health restor'd.

Turning our back upon the vale of woe,

W cross'd th' encircled mound in silence. There

Was twilight dim, that far long the gloom

Mine eye advanc'd not: but I heard a horn

Sounded aloud. The peal it blew had made

The thunder feeble. Following its course

The adverse way, my strained eyes were bent

On that one spot.

 Canto XXXIII

Attrice

La bocca sollevò dal fiero pasto

quel peccator, forbendola a'capelli

del capo ch'elli avea di retro guasto.

36

Come un poco di raggio si fu messo

nel doloroso carcere, e io scorsi

per quattro visi il mio aspetto stesso,

ambo le man per lo dolor mi morsi;

ed ei, pensando ch'io 'l fessi per voglia

di manicar, di subito levorsi

e disser: "Padre, assai ci fia men doglia

se tu mangi di noi: tu ne vestisti

queste misere carni, e tu le spoglia".

Queta'mi allor per non farli più tristi;

lo dì e l'altro stemmo tutti muti;

ahi dura terra, perché non t'apristi?

Poscia che fummo al quarto dì venuti,

Gaddo mi si gittò disteso a' piedi,

dicendo: "Padre mio, ché non mi aiuti?".

Quivi morì; e come tu mi vedi,

vid'io cascar li tre ad uno ad uno

tra 'l quinto dì e 'l sesto; ond'io mi diedi,

già cieco, a brancolar sovra ciascuno,

e due dì li chiamai, poi che fur morti.

Poscia, più che 'l dolor, poté 'l digiuno>>

Jonathan collegato

HIS jaws uplifting from their fell repast,

That sinner wip'd them on the hairs o' th' head,

Which he behind had mangled, then began:

"Thy will obeying, I call up afresh

Sorrow past cure, which but to think of wrings

My heart, or ere I tell on't. But if words,

That I may utter, shall prove seed to bear

Fruit of eternal infamy to him,

The traitor whom I gnaw at, thou at once

Shalt see me speak and weep.

When a faint beam

Had to our doleful prison made its way,

And in four countenances I descry'd

The image of my own, on either hand

Through agony I bit, and they who thought

I did it through desire of feeding, rose

37

O' th' sudden, and cried, 'Father, we should grieve

Far less, if thou wouldst eat of us: thou gav'st

These weeds of miserable flesh we wear,

And do thou strip them off from us again.'

Then, not to make them sadder, I kept down

My spirit in stillness. That day and the next

We all were silent. Ah, obdurate earth!

Why open'dst not upon us? When we came

To the fourth day, then Geddo at my feet

Outstretch'd did fling him, crying, 'Hast no help

For me, my father!' "There he died, and e'en

Plainly as thou seest me, saw I the three

Fall one by one 'twixt the fifth day and sixth:

Whence I betook me now grown blind to grope

Over them all, and for three days aloud

Call'd on them who were dead. Then fasting got

The mastery of grief."

Simonetta

     Ad ascoltarli er'io del tutto fisso, 

quando 'l maestro mi disse: <<Or pur mira, 

che per poco che teco non mi risso!>>

Quand'io 'l senti' a me parlar con ira, 

volsimi verso lui con tal vergogna, 

ch'ancor per la memoria mi si gira.

Roberta 

Qual è colui che suo dannaggio sogna, 

che sognando desidera sognare, 

sì che quel ch'è, come non fosse, agogna, 

tal mi fec'io, non possendo parlare, 

che disiava scusarmi, e scusava 

ma tuttavia, e nol mi credea fare

38

FINALE CANTO XXXIV

Roberta

 Luogo è là giù da Belzebù remoto 

tanto quanto la tomba si distende, 

che non per vista, ma per suono è noto 

      d'un ruscelletto che quivi discende 

per la buca d'un sasso, ch'elli ha roso, 

col corso ch'elli avvolge, e poco pende. 

      Lo duca e io per quel cammino ascoso 

intrammo a ritornar nel chiaro mondo; 

e sanza cura aver d'alcun riposo, 

      salimmo sù, el primo e io secondo, 

tanto ch'i' vidi de le cose belle 

che porta 'l ciel, per un pertugio tondo. 

      E quindi uscimmo a riveder le stelle.  

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